RE LEAR E' MORTO A MOSCA (dal nostro archivio)

04.11.2024

"Re Lear è morto a Mosca" regia di César Brie - A Campo Teatrale dal 19 al 20 ottobre e dal 22 al 27 ottobre 2024 - Dal nostro archivio febbraio 24  Recensione di Claudia Pinelli

Re Lear è morto a Mosca
Re Lear è morto a Mosca

UNA PERFETTA MACCHINA ARTISTICA

È raro vedere in scena una quasi perfetta macchina artistica, che riesce a far interagire generi espressivi diversi in una complementarietà che annulla l'aspetto pedante e didascalico, enfatizzando con la teatralità il racconto di una memoria accantonata se non cancellata.

La regia di César Brie, la sua grande capacità e vivacità artistica, fa decollare da subito "Re Lear è morto a Mosca", coinvolgendo, ammaliando, sferzando. Le attrici e gli attori sul palco, tutti degni di menzione, sono bravissimi, affiatati, immergono in uno spettacolo, che è stato costruito in un anno e mezzo di lavoro collettivo, uno spettacolo intenso e lieve, drammatico e giullaresco, con trovate che riportano alla commedia dell'arte e al teatro di Dario Fo e Franca Rame, che non ha cedimenti per tutta la sua durata e in cui la giovane compagnia attoriale mostra una grande preparazione, tempi teatrali perfetti, miscelando con cura recitazione, canti, balli, acrobazie, riso e pianto nel grottesco di una storia di umanità sacrificata dall'autorità dominante.

La storia narrata ha per protagonisti due dei fondatori del teatro ebraico di Mosca, il Goset, Salomon Mikhoels e Veniamin Zuskin, che vennero fatti uccidere in pieno regime sovietico da Stalin, il primo in una simulazione di incidente stradale nel 1948, insieme al critico teatrale casualmente con lui, il secondo dopo anni di internamento e torture in ospedale nel 1952. Erano attori e commediografi russi di origine ebraica, non apertamente ostili al regime, che portarono al centro della cultura rivoluzionaria sovietica, con Aleksandr Granovskij e l'autore delle   scenografie Marc Chagal, che si salvarono perché emigrarono in Francia, l'irridente, grottesca e giocosa cultura e teatralità yiddish e in yiddish, dapprima tollerata dal potere sovietico, anche se ben lontana dal realismo socialista, forse per il notevole successo di pubblico, poi vissuta come sempre più scomoda e alla fine brutalmente repressa perché immagine di un teatro vissuto come possibilità di riscatto culturale non conformista e quindi avulso a un potere totalitario in quanto elemento di rottura dagli schemi codificati dal regime.

César Brie, attore oltre che regista e drammaturgo insieme a Leonardo Ceccanti e Antonio Attisani, con Altea Bonatesta, Alessandro Treccani, il già citato Leonardo Ceccanti, Eugeniu Cornitel, Davide De Togni, Anna Vittoria Ferri, Tommaso Pioli, Annalesi Secco fanno rivivere una pagina straordinaria e dimenticata di storia del teatro, ricordando un crimine di stato, in una modalità veramente bella, significante, emozionante, corale.

Un vero spettacolo, teatro nel senso più alto del termine.

Claudia Pinelli